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Arriva in Italia con familiari

La mappa traccia gli spostamenti dell’intervistato/a, concludendosi l’anno dopo il suo arrivo in Italia
Marcello Ortona e Doris Journò in Corso Vittorio Emanuele a Tripoli, 1947. Archivio Fondazione CDEC

Yoram Ortona nasce a Tripoli il 4 settembre 1953. Sua madre, Doris Journò, di origini franco-tunisine, si trasferisce con la sua famiglia nella capitale libica nel 1943. Suo padre, Marcello, è invece nato a Tripoli, figlio di una famiglia di origine italiana proveniente da Casale Monferrato. Yoram è il primogenito di tre fratelli; con lui ci sono Giorgio e Marina, anche loro nati a Tripoli. La famiglia Ortona vive al primo piano di una palazzina affacciata sul lungomare, in una città che Yoram ricorda come un intreccio di comunità diverse, inclusa quella ebraica, caratterizzata da una notevole varietà interna.

Tripoli era una città cosmopolita

Yoram Ortona
Innanzitutto, Tripoli era una città cosmopolita perché oltre gli arabi c’erano gli italiani, i maltesi, i turchi, gli inglesi, i francesi, gli ebrei. Per cui erano diverse comunità e la comunità ebraica, nella stragrande maggioranza svolgeva delle attività commerciali, cioè erano dediti al commercio, poi c’era qualche artigiano. Diciamo che i professionisti erano pochi, non voglio dire che si contavano sul palmo d’una mano, però la maggioranza…poi c’erano imprenditori. Diciamo che era una comunità abbastanza variegata dal punto di vista sociale. C’erano famiglie più ricche, più benestanti, famiglie più modeste e famiglie anche povere.

La redazione del “Corriere di Tripoli” e del “Tarablus el Gharb”. Marcello Ortona è il primo seduto a destra, Tripoli, 1945. Archivio Fondazione CDEC

La vita degli Ortona procede serenamente. Marcello, a soli ventitré anni, diventa direttore del Corriere di Tripoli, mentre Doris si occupa della casa e dei figli, che frequentano le scuole italiane della città. Yoram ricorda l’intensa vita sociale dei genitori e un’atmosfera distesa all’interno della loro cerchia familiare e amicale.

c’era una dimensione umana

Yoram Ortona
Tutte le coppie innamorate e non, loro [i miei genitori] erano una coppia molto innamorata e ballavano il tango, il valzer, il twist, quindi andavano spesso al Watan, che è il locale più – diciamo – rinomato per le feste di capodanno. C’era una vita, come dire, agevole, se vogliamo…è brutto dire spensierata, perché comunque ci sono sempre i problemi nella vita indipendentemente dallo status sociale, ognuno ha i suoi problemi. Però c’era una dimensione umana che chiaramente poi via via in Italia è andata un po’ perdendosi perché non c’erano..era una realtà un po’ ovattata.

Tuttavia, la tranquillità apparente della piccola comunità ebraica rimasta a Tripoli, dopo l’esodo di massa verso Israele alla fine degli anni Quaranta, viene brutalmente interrotta. Nel giugno del 1967, con l’inizio della Guerra dei Sei Giorni, esplodono i pogrom che sconvolgono la vita degli ebrei della città. Il 5 giugno, Yoram si reca a scuola in sella alla sua Graziella per sostenere l’esame di licenza media, nella stessa scuola da cui suo padre fu espulso nel 1938 a causa delle leggi razziali.

ho iniziato come altri miei compagni di classe a sentire delle urla terribili

Yoram Ortona
Iniziai il mio tema, dopo nemmeno mezz’ora, quaranta minuti, ho iniziato come altri miei compagni di classe a sentire delle urla terribili che provenivano da fuori, dalle strade. la professoressa [si affacciò] un attimo dalla finestra perché voleva sincerarsi di cosa stesse succedendo e ci informarono che c’erano delle violente manifestazioni in tutto il centro di Tripoli. E poi la preside venne in classe e disse “Ragazzi, chiamate i vostri genitori, fatevi venire a prendere perchè dobbiamo interrompere l’esame, dovete tornare nelle vostre case”. Io chiamai mio padre.

Intervistatrice
Tutti o solo gli ebrei?

Yoram Ortona
Tutti, tutti. Chiamai mio padre, che aveva l’ufficio in Galleria De Bono, quindi verso la Piazza Italia, vicino al Castello e mi disse “cosa è successo?”. [Gli risposi:] “Papà, devo tornare a casa, abbiamo interrotto…”. [Mi disse:] “Non uscire di scuola! Io non ti posso venire a prendere”. Se lui fosse uscito dall’ufficio gli avrebbero fatto la pelle. Mia mamma era da sola a casa e il mio fratellino e la mia sorellina erano delle suore francescane all’asilo. Quindi la nostra famiglia era divisa in quattro parti diverse della città.

Costretto ad evacuare l’edificio scolastico e impossibilitato a tornare a casa, Yoram trova rifugio presso i suoi zii, Lillo e Liliana. La situazione è tesa anche lì: i manifestanti tentano di sfondare il portone dell’abitazione, costringendo Yoram, i suoi cugini piccoli e gli zii a rifugiarsi sulla terrazza, sperando che la furia della folla si plachi. Solo verso sera, quando la situazione sembra stabilizzarsi, il padre, con l’aiuto di un collaboratore di origini berbere, riesce a raggiungere Yoram e poi a recuperare anche gli altri figli, rimasti all’asilo. Finalmente riuniti, i quattro si ricongiungono con Doris, mentre in televisione il giornalista Arrigo Levi annuncia l’avanzata delle truppe israeliane nel Sinai. Seguono dodici lunghi giorni di coprifuoco, durante i quali la famiglia Ortona riceve aiuto dal collaboratore di Marcello, che riesce a portare loro del cibo. Solo il 17 giugno ottengono il visto d’uscita dall’ambasciata italiana.

mio padre disse “Doris, questa è l’ultima volta che vedrai Tripoli”

Yoram Ortona
Iniziai il mio tema, dopo nemmeno mezz’ora, quaranta minuti, ho iniziato come altri miei compagni di classe a sentire delle urla terribili che provenivano da fuori, dalle strade. la professoressa [si affacciò] un attimo dalla finestra perché voleva sincerarsi di cosa stesse succedendo e ci informarono che c’erano delle violente manifestazioni in tutto il centro di Tripoli. E poi la preside venne in classe e disse “Ragazzi, chiamate i vostri genitori, fatevi venire a prendere perchè dobbiamo interrompere l’esame, dovete tornare nelle vostre case”. Io chiamai mio padre.

 

Intervistatrice
Tutti o solo gli ebrei?

 

Yoram Ortona
Tutti, tutti. Chiamai mio padre, che aveva l’ufficio in Galleria De Bono, quindi verso la Piazza Italia, vicino al Castello e mi disse “cosa è successo?”. [Gli risposi:] “Papà, devo tornare a casa, abbiamo interrotto…”. [Mi disse:] “Non uscire di scuola! Io non ti posso venire a prendere”. Se lui fosse uscito dall’ufficio gli avrebbero fatto la pelle. Mia mamma era da sola a casa e il mio fratellino e la mia sorellina erano delle suore francescane all’asilo. Quindi la nostra famiglia era divisa in quattro parti diverse della città.

Yoram Ortona in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, Milano, 2008. Archivio Fondazione CDEC

Atterrati a Fiumicino, trovano accoglienza presso la zia materna, Yvette, che offre ospitalità anche agli altri fratelli di Doris. Dopo alcuni mesi, la famiglia Ortona si trasferisce a Milano. L’impatto con la società italiana è complicato, soprattutto per i genitori di Yoram, che devono ricominciare da capo e prendersi cura dei figli in una realtà completamente nuova. Yoram ricorda anche che l’Italia viveva un momento molto delicato, attraversata dalle turbolenze dei movimenti studenteschi del Sessantotto. 

In Italia, Yoram conosce Dalia Habib, anche lei di origini tripoline, e dal loro matrimonio nascono due figli. Fin dalla giovane età, Yoram ricopre ruoli di rilievo nelle istituzioni della comunità ebraica, sia a livello locale che nazionale.

Storie collegate

Come leggere i data portrait
I dati rappresentati nei data portrait riguardano il genere, l’età all’arrivo in Italia, il decennio di arrivo in Italia, il paese di origine, i motivi della partenza, se il viaggio ha incluso tappe intermedie o è stato diretto e se la persona ha viaggiato da sola o con la famiglia.

Genere ed età all’arrivo in Italia

Femmina, età 0-9

Femmina, età 10-19

Femmina, età 20-29

Femmina, età 30-39

Femmina, età 40-49

Femmina, età 50-59

Femmina, età 60-69

Femmina, età 70-79

Femmina, età 80-89

Femmina, età 90-99

Maschio, età 0-9
Maschio, età 10-19
Maschio, età 20-29
Maschio, età 30-39
Maschio, età 40-49
Maschio, età 50-59
Maschio, età 60-69
Maschio, età 70-79

Maschio, età 80-89

Maschio, età 90-99

Decennio di arrivo in Italia

1940
1950

1960

1970

1980

Paese di origine

Egitto

Iran

Libano

Libia

Siria

Tunisia

Motivi della partenza dal paese di origine

Politici

Economici

Studio

Personali

Viaggio diretto o con tappe intermedie prima dell’arrivo in Italia

Viaggio diretto

Tappe intermedie

Arriva in Italia da solo/a o con familiari

Arriva in Italia da solo/a
Arriva in Italia con familiari

Cos’è un data portrait
Un data portrait è un’interpretazione artistica di un set specifico di dati riguardanti un individuo, che viene quindi ritratto a partire dai dati, anziché raffigurarne l’aspetto fisico come nei ritratti tradizionali. I data portrait sono rappresentazioni visive che mediano tra la visione dell’artista, i dati del soggetto e l’interesse del pubblico (Donath et al., 2010).
Seguendo questo concetto, i data portrait sviluppati da Sara Radice specificamente per il progetto TRAME forniscono un “ritratto” delle persone rappresentate, basato su alcuni dati specifici di interesse per il progetto e indipendente dal loro aspetto fisico.

Bibliografia e crediti
Judith Donath, Alex Dragulescu, Aaron Zinman, Fernanda Viégas, Rebecca Xiong; Data Portraits. Leonardo 2010; 43 (4): 375–383. doi: https://doi.org/10.1162/LEON_a_00011.

I data portraits ideati per questo progetto traggono ispirazione da alcuni progetti di data portraits di Giorgia Lupi, come, per esempio, l’installazione fisica “…Ma poi, che cos’è un nome? ” sviluppata per la Fondazione CDEC presso la Triennale di Milano nel 2018 e i TED Data Portraits del 2017.