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Età all'arrivo in Italia: anni

Lascia il paese di origine per ragioni

Il viaggio verso l'Italia non ha previsto tappe intermedie

Arriva in Italia con familiari

La mappa traccia gli spostamenti dell’intervistato/a, concludendosi l’anno dopo il suo arrivo in Italia
Toufic e Marie Farhi, con Rachel e i suoi due fratelli, Eduard e David. Beirut, 1934. Archivio Fondazione CDEC.

Rachel Mizrahi, chiamata Shelly, nasce a Beirut nel 1932 da Toufic e Marie Farhi, entrambi nati a Damasco. La famiglia materna giunge in Medio Oriente in seguito all’Inquisizione, mentre il nonno paterno migra da Isfahan a Damasco, dove sposa una donna di antiche origini livornesi. A causa delle difficoltà nell’ottenere la cittadinanza locale, la famiglia Mizrahi conserva il passaporto persiano, che acquisisce anche Marie, per effetto del matrimonio con Toufic, e poi i loro tre figli: Edouard, David e Rachel.

A Beirut, i Mizrahi vivono in una casa elegante e spaziosa in Rue Georges Picot, nei pressi di Wadi Abu Jamil, il quartiere abitato dalla maggior parte della comunità ebraica della città. Quest’area, che accoglie famiglie di ogni estrazione sociale, è talvolta indicata come “ghetto”. L’abitazione riflette un gusto che unisce elementi dell’architettura siriano-libanese a influenze europee, espressione della presenza culturale occidentale nella regione.

Avevamo il salone grande…

Intervistatrice: 

L’arredamento come era?

 

Rachel (Shelly) Mizrahi: 

Molto bello, mia madre aveva un gusto eccezionale

 

Intervistatrice: 

[I mobili] li faceva venire da qualche parte? Che tipo di mobilio era?

 

Rachel (Shelly) Mizrahi: 

Avevamo il salone grande…sa, [nelle case libanesi, entrando] dalla porta [ci si trovava] subito nel salone, non c’era l’entrata.

 

Intervistatrice: 

Quello che volevo sapere è se era arredato in stile libanese o occidentale

 

Rachel (Shelly) Mizrahi: 

La prima parte era un salone occidentale, molto bello, molto raffinato, con una vetrata enorme da qui a lì e […dunque] la prima metà a destra, che dava sulla Rue Georges Picot, era europeo. L’altra parte, che dava sulla sala da pranzo e poi [sul] balcone che dava sulla parte interna, dall’altra parte, era il salone arabo con il mosaico. Queste cose le portavano da Damasco, era una lavorazione tipica di Damasco, con il nacre [la madreperla]. Ho ancora un salotto di mio padre e mia madre a casa mia adesso.

Toufic Mizrahi con alcuni rappresentanti dell'élite politica libanese. Beirut, 22 maggio 1952, Archivio Fondazione CDEC.

Il padre di Shelly è molto impegnato nel suo lavoro di giornalista e occupa un ruolo di rilievo, essendo tra i fondatori, alla fine degli anni Venti, di Le Commerce du Levant, una rivista economica ancora oggi attiva in Libano. Come redattore di spicco, mantiene numerosi contatti con ambienti politici e diplomatici, sia locali che internazionali. Nei ricordi di Shelly, anche i rapporti con la popolazione cristiana e musulmana libanese sono sereni, ma le occasioni di frequentazione sociale rimangono limitate.

Allieve della scuola dell'Alliance Israélite. Beirut, presumibilmente seconda metà del 1930. Archivio Fondazione CDEC.

Shelly Mizrahi studia alle scuole dell’Alliance Israélite a Beirut, dove riceve un’educazione solida e improntata alla cultura francese, apprendendo anche arabo ed ebraico. Con la nascita dello Stato di Israele, i rapporti tra la minoranza ebraica e la popolazione locale iniziano a deteriorarsi, spingendo la famiglia a trasferirsi temporaneamente a Parigi in attesa di prendere una decisione sul futuro. Nella capitale francese vivono nel 16° arrondissement e Shelly frequenta per due anni il Lycée Jean de La Fontaine ad Auteuil.

Dopo questo periodo, Shelly ritorna a Beirut con la madre e prosegue gli studi per un anno al Collège Protestant. I fratelli, invece, restano a Parigi per continuare la loro formazione, mentre il padre si reca negli Stati Uniti alla ricerca di nuove opportunità professionali, ma il suo ruolo al Le Commerce du Levant lo riporta presto in Libano.

Attraverso la formazione scolastica, Shelly sviluppa un forte legame con la cultura francese, ma anche quello con la cultura araba è altrettanto significativo. La lingua araba, la cucina e la musica rimangono elementi centrali della sua vita quotidiana, che alimentano il senso di appartenenza alle sue origini.

molta musica araba, anche egiziana e libanese

Intervistatrice: Che musica ascoltavate?

Rachel (Shelly) Mizrahi: Molta musica araba, anche egiziana e libanese. C’è un repertorio libanese molto bello, di grandi cantanti libanesi, ma dicono che l’acqua del Nilo fa qualcosa di particolare alla voce perchè le più belle voci del Medio Oriente vengono dall’Egitto. L’acqua del Nilo favorisce questo circuito che viene forse dall’anima.

Intervistatrice: Non ascoltavate anche canzoni francesi?

Rachel (Shelly) Mizrahi: Molto, americane anche. Della mia epoca, chi erano? Maurice Chevalier? No, [lui] era prima della mia epoca. Jacqueline François…questa.

Intervistatrice: Avevate un giradischi?

Rachel (Shelly) Mizrahi: Sì e due radio. Le radio erano alte così, non so se si ricorda. 

Intervistatrice: Erano dei mobili. 

Rachel Mizrahi con i genitori, il fratello Edouard e una zia (in macchina) in gita vicino Beirut. Libano, 1956. Archivio Fondazione CDEC.

Insieme alla moglie Marie, Toufic Mizrahi frequenta Il nostro Club, un punto di ritrovo per la comunità ebraica di Beirut. Shelly e i suoi fratelli, invece, partecipano attivamente ai movimenti scout, prendendo parte a numerosi campeggi. La famiglia Mizrahi è solita fare anche delle gite fuori porta nei pressi di Beirut e trascorre le vacanze estive nella zona collinare di Aley. In famiglia, il senso di appartenenza all’ebraismo è profondo, ma si manifesta più attraverso il rispetto delle tradizioni che mediante una pratica religiosa assidua, limitata per lo più alle festività.

Il matrimonio di Shelly Mizrahi e Azral (Ezry) Diwan nella Sinagoga Maghen Avraham. Beirut, 1957. Archivio Fondazione CDEC.

Nella prima metà degli anni Cinquanta, Shelly ritorna a Parigi con la sua famiglia e frequenta una scuola femminile di perfezionamento nel quartiere del Panthéon. Dopo un periodo in Francia, torna di nuovo a Beirut, dove nel 1957 sposa Azral (Ezry) Diwan, originario di Aleppo e emigrato a Milano nel 1946 per lavoro, seguendo l’esempio dello zio. Il matrimonio viene celebrato nella Sinagoga Maghen Avraham, nel quartiere di Wadi Abu Jamil. L’evento trova spazio anche su alcuni giornali, poiché al ricevimento all’Hotel Saint Georges partecipano ministri e deputati del governo libanese e rappresentanti della stampa. Per Shelly, il matrimonio rappresenta anche un’opportunità per lasciare il Libano e costruire una nuova vita altrove. Dopo le nozze, si trasferisce con il marito in Italia, dove nascono i loro tre figli.

A Milano, Shelly conduce una vita intensa, divisa tra la famiglia, gli interessi culturali e l’impegno nella comunità. Frequenta l’associazione ADEI e lo storico Tempio sefardita-orientale di via Guastalla, inaugurato nel 1954 per offrire alla crescente componente sefardita della comunità ebraica milanese la possibilità di celebrare secondo il proprio rito. Felice della sua vita in Italia, mantiene una solida cultura francese, senza mai perdere il legame con le sue origini ebraiche e arabe.

Storie collegate

Come leggere i data portrait
I dati rappresentati nei data portrait riguardano il genere, l’età all’arrivo in Italia, il decennio di arrivo in Italia, il paese di origine, i motivi della partenza, se il viaggio ha incluso tappe intermedie o è stato diretto e se la persona ha viaggiato da sola o con la famiglia.

Genere ed età all’arrivo in Italia

Femmina, età 0-9

Femmina, età 10-19

Femmina, età 20-29

Femmina, età 30-39

Femmina, età 40-49

Femmina, età 50-59

Femmina, età 60-69

Femmina, età 70-79

Femmina, età 80-89

Femmina, età 90-99

Maschio, età 0-9
Maschio, età 10-19
Maschio, età 20-29
Maschio, età 30-39
Maschio, età 40-49
Maschio, età 50-59
Maschio, età 60-69
Maschio, età 70-79

Maschio, età 80-89

Maschio, età 90-99

Decennio di arrivo in Italia

1940
1950

1960

1970

1980

Paese di origine

Egitto

Iran

Libano

Libia

Siria

Tunisia

Motivi della partenza dal paese di origine

Politici

Economici

Studio

Personali

Viaggio diretto o con tappe intermedie prima dell’arrivo in Italia

Viaggio diretto

Tappe intermedie

Arriva in Italia da solo/a o con familiari

Arriva in Italia da solo/a
Arriva in Italia con familiari

Cos’è un data portrait
Un data portrait è un’interpretazione artistica di un set specifico di dati riguardanti un individuo, che viene quindi ritratto a partire dai dati, anziché raffigurarne l’aspetto fisico come nei ritratti tradizionali. I data portrait sono rappresentazioni visive che mediano tra la visione dell’artista, i dati del soggetto e l’interesse del pubblico (Donath et al., 2010).
Seguendo questo concetto, i data portrait sviluppati da Sara Radice specificamente per il progetto TRAME forniscono un “ritratto” delle persone rappresentate, basato su alcuni dati specifici di interesse per il progetto e indipendente dal loro aspetto fisico.

Bibliografia e crediti
Judith Donath, Alex Dragulescu, Aaron Zinman, Fernanda Viégas, Rebecca Xiong; Data Portraits. Leonardo 2010; 43 (4): 375–383. doi: https://doi.org/10.1162/LEON_a_00011.

I data portraits ideati per questo progetto traggono ispirazione da alcuni progetti di data portraits di Giorgia Lupi, come, per esempio, l’installazione fisica “…Ma poi, che cos’è un nome? ” sviluppata per la Fondazione CDEC presso la Triennale di Milano nel 2018 e i TED Data Portraits del 2017.