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Paese di origine:

Paese di nascita:

Anno di nascita:

Età all'arrivo in Italia: anni

Lascia il paese di origine per ragioni

Il viaggio verso l'Italia non ha previsto tappe intermedie

Arriva in Italia con familiari

La mappa traccia gli spostamenti dell’intervistato/a, concludendosi l’anno dopo il suo arrivo in Italia
Micky e Moussy Sciama al Cairo, 1947. Archivio Fondazione CDEC

Micky Sciama nasce al Cairo, in Egitto, nel 1941 da Marcelle e Edmond Chamma. Entrambi i genitori sono nati in Egitto, ma solo la nonna materna è originaria del Paese; gli altri nonni provengono dalla Siria, da dove emigrarono probabilmente alla fine del XIX secolo, in concomitanza con l’apertura del Canale di Suez. Da almeno tre generazioni la famiglia possiede il passaporto italiano, sebbene non sia chiaro se per discendenza livornese o grazie al regime delle capitolazioni.

La famiglia materna è numerosa: la madre di Micky ha sei sorelle, e lui cresce circondato da zii e cugini in un ambiente caloroso e protettivo. Con i suoi genitori, la sorella Eliane e il fratello Moussy, abita al secondo piano di un edificio nei pressi del Palazzo Abdin, la residenza reale, nel quartiere centrale di Bab El-Louk, a pochi passi da Rue Soliman Pasha. Il quartiere ospita le principali scuole francesi e inglesi del Cairo, frequentate dalla maggior parte degli ebrei della città. Come molti altri coetanei, Micky segue un percorso di studi francese, dalla scuola materna fino al liceo. 

Spesso i nostri genitori ci mandavano nelle scuole confessionali cristiane

Micky Sciama: 

Eravamo tutti dalla parte, diciamo, dalla parte sud del Nilo. Ecco, dove abitavo c’erano due scuole molto importanti, c’era il Lycée Français du Caire e c’era l’Ecole des Frères. Il quartiere comunque si chiamava Bab El Luk. Queste due scuole furono frequentate sia dalla mia famiglia, [e da] me personalmente: sono stato a Lycée dalle materne fino al liceo. Il Lycée era frequentato per il 90% da ebrei e stranamente anche all’Ecole des Frères, che era una scuola chiaramente cristiana, ci andavano molti dei nostri correligionari. E questa è una cosa che non ho mai capito: spesso i nostri genitori ci mandavano nelle scuole confessionali cristiane, si andava dai frères [frati], si andava dalle sœurs [suore], si andava anche in altre scuole inglesi, c’era l’English Mission ad esempio, dove molti andavano. Mia moglie è andata a scuola dalle suore irlandesi, addirittura, molto cattoliche. Alla scuola ebraica non si andava.

Intervistatrice: 

Perché?

Micky Sciama: 

Perchè probabilmente i nostri genitori erano comunque di cultura francese o di cultura inglese ma soprattutto francese, la tendenza era quella di portare i figli in una scuola francese.

Sebbene frequenti spesso il tempio con il padre, la pratica religiosa non si traduce in una conoscenza approfondita dell’ebraismo né in una rigorosa osservanza, anche se il senso di appartenenza resta forte. I rapporti con “les indigènes”, ovvero la popolazione araba, sono cordiali ma limitati al buon vicinato e all’interazione con i domestici. La vita sociale della famiglia è animata dai circoli cittadini, luoghi di aggregazione intergenerazionali dedicati a sport e svago. La sua infanzia e giovinezza in Egitto sono scandite anche dalle gite a Heliopolis, dove si gustava la fetira — una focaccia dolce con panna fresca — e dalle vacanze estive a Ras el-Bar, sull’estuario del Nilo, o ad Alessandria.

Tutti gli ebrei d'Egitto appartenevano a un club

Micky Sciama: 

La vita si trascorreva anche nei club. Tutti gli ebrei d’Egitto appartenevano a un club. Erano essenzialmente tre. C’era c’era il famoso TTC, che era il Teufikiyah Tennis Club, che si trovava in un quartiere che si chiamava En-baba. C’era il Gezira Sporting Club, che si trovava nella Gezira, che è l’isola del Cairo, ed era per le famiglie più agiate, perché chi andava al Gezira Club stava sicuramente meglio di chi andava al TTC. E c’è chi andava anche all’Heliopolis Club, dove c’erano anche i cavalli. La vita al TTC era una vita molto intensa, una vita molto sportiva. Si giocava a ping pong, si giocava a tennis, a palette, erano molto sportivi al club, e chiaramente i genitori potevano anche giocare a carte.

Intervistatrice:

Anche le ragazze venivano?

Micky Sciama:

Al club? Sicuramente. Avremmo delle campionesse di nuoto? Assolutamente sì.

Marcelle e Edmond Chamma a tavola in un ristorante. Egitto, 1950 ca. Archivio Fondazione CDEC

“La mia vita in Egitto è stata un sogno” racconta Micky. Ma quel sogno comincia a incrinarsi nel 1948, in seguito alla fondazione dello Stato di Israele: è proprio in quegli anni che ricorda il manifestarsi di un clima avverso agli ebrei, un fenomeno che in poco tempo si intensifica. L’incendio del Cairo del 1952 e il colpo di Stato che depone re Faruq segnano un’escalation. Con l’ascesa di Nasser e, soprattutto, dopo la guerra di Suez del 1956, la propaganda anti-israeliana si rafforza, cresce l’ostilità verso gli ebrei e iniziano le espulsioni di cittadini francesi e inglesi. È in questo clima che la famiglia comincia a pensare di lasciare il Paese.

Il padre inizialmente pensa al Brasile, ma il progetto viene presto abbandonato. La prima a partire è la sorella Eliane, accolta a Milano dalla zia materna Oro, già emigrata in Italia. Nel 1959 è Micky a lasciare l’Egitto per raggiungere Eliane, che nel frattempo si era trasferita a Bradford, in Inghilterra, dopo il matrimonio con Edwin Fishman. Poco dopo anche il fratello minore Moussy si sposta in Inghilterra, e insieme i due fratelli si trasferiscono a Londra per proseguire gli studi. I genitori emigrano infine a Milano nel 1962.

Micky Sciama con il fratello Moussy e i genitori il giorno della laurea. Londra, 1965. Archivio Fondazione CDEC

Dopo la laurea in ingegneria, nel 1966 Micky raggiunge la famiglia a Milano. Qui conosce Viviene, che diventerà sua moglie, e con la quale avrà due figlie, Stefania e Dalia. A Milano Micky riscopre la sua identità ebraica, soprattutto quando le figlie cominciano a frequentare la scuola ebraica. Si avvicina così alla vita comunitaria, ricoprendo per tredici anni il ruolo di segretario della Comunità ebraica.

L'Italia mi ha trasformato, sicuramente, sotto profilo religioso

Micky Sciama: 

Beh, sicuramente un bel paese, sono contento di aver scelto l’Italia come paese di residenza, L’Italia mi ha trasformato, sicuramente, sotto profilo religioso, questo grazie alla scuola ebraica. Devo dire che fin quando mia figlia Stefania non ha studiato la scuola ebraica, la mia vita era una vita molto laica, tutti i miei amici erano colleghi d’ufficio, non frequentavo ebrei, non ero iscritto alla comunità di Milano, non mangiavo casher, ero veramente lontanissimo dell’ebraismo. 

Storie collegate

Come leggere i data portrait
I dati rappresentati nei data portrait riguardano il genere, l’età all’arrivo in Italia, il decennio di arrivo in Italia, il paese di origine, i motivi della partenza, se il viaggio ha incluso tappe intermedie o è stato diretto e se la persona ha viaggiato da sola o con la famiglia.

Genere ed età all’arrivo in Italia

Femmina, età 0-9

Femmina, età 10-19

Femmina, età 20-29

Femmina, età 30-39

Femmina, età 40-49

Femmina, età 50-59

Femmina, età 60-69

Femmina, età 70-79

Femmina, età 80-89

Femmina, età 90-99

Maschio, età 0-9
Maschio, età 10-19
Maschio, età 20-29
Maschio, età 30-39
Maschio, età 40-49
Maschio, età 50-59
Maschio, età 60-69
Maschio, età 70-79

Maschio, età 80-89

Maschio, età 90-99

Decennio di arrivo in Italia

1940
1950

1960

1970

1980

Paese di origine

Egitto

Iran

Libano

Libia

Siria

Tunisia

Motivi della partenza dal paese di origine

Politici

Economici

Studio

Personali

Viaggio diretto o con tappe intermedie prima dell’arrivo in Italia

Viaggio diretto

Tappe intermedie

Arriva in Italia da solo/a o con familiari

Arriva in Italia da solo/a
Arriva in Italia con familiari

Cos’è un data portrait
Un data portrait è un’interpretazione artistica di un set specifico di dati riguardanti un individuo, che viene quindi ritratto a partire dai dati, anziché raffigurarne l’aspetto fisico come nei ritratti tradizionali. I data portrait sono rappresentazioni visive che mediano tra la visione dell’artista, i dati del soggetto e l’interesse del pubblico (Donath et al., 2010).
Seguendo questo concetto, i data portrait sviluppati da Sara Radice specificamente per il progetto TRAME forniscono un “ritratto” delle persone rappresentate, basato su alcuni dati specifici di interesse per il progetto e indipendente dal loro aspetto fisico.

Bibliografia e crediti
Judith Donath, Alex Dragulescu, Aaron Zinman, Fernanda Viégas, Rebecca Xiong; Data Portraits. Leonardo 2010; 43 (4): 375–383. doi: https://doi.org/10.1162/LEON_a_00011.

I data portraits ideati per questo progetto traggono ispirazione da alcuni progetti di data portraits di Giorgia Lupi, come, per esempio, l’installazione fisica “…Ma poi, che cos’è un nome? ” sviluppata per la Fondazione CDEC presso la Triennale di Milano nel 2018 e i TED Data Portraits del 2017.