Rachel Mizrahi, chiamata Shelly, nasce a Beirut nel 1932 da Toufic e Marie Farhi, entrambi nati a Damasco. La famiglia materna giunge in Medio Oriente in seguito all’Inquisizione, mentre il nonno paterno migra da Isfahan a Damasco, dove sposa una donna di antiche origini livornesi. A causa delle difficoltà nell’ottenere la cittadinanza locale, la famiglia Mizrahi conserva il passaporto persiano, che acquisisce anche Marie, per effetto del matrimonio con Toufic, e poi i loro tre figli: Edouard, David e Rachel.
A Beirut, i Mizrahi vivono in una casa elegante e spaziosa in Rue Georges Picot, nei pressi di Wadi Abu Jamil, il quartiere abitato dalla maggior parte della comunità ebraica della città. Quest’area, che accoglie famiglie di ogni estrazione sociale, è talvolta indicata come “ghetto”. L’abitazione riflette un gusto che unisce elementi dell’architettura siriano-libanese a influenze europee, espressione della presenza culturale occidentale nella regione.

Avevamo il salone grande…
Trascrizione
Intervistatrice:
L’arredamento come era?
Rachel (Shelly) Mizrahi:
Molto bello, mia madre aveva un gusto eccezionale
Intervistatrice:
[I mobili] li faceva venire da qualche parte? Che tipo di mobilio era?
Rachel (Shelly) Mizrahi:
Avevamo il salone grande…sa, [nelle case libanesi, entrando] dalla porta [ci si trovava] subito nel salone, non c’era l’entrata.
Intervistatrice:
Quello che volevo sapere è se era arredato in stile libanese o occidentale
Rachel (Shelly) Mizrahi:
La prima parte era un salone occidentale, molto bello, molto raffinato, con una vetrata enorme da qui a lì e […dunque] la prima metà a destra, che dava sulla Rue Georges Picot, era europeo. L’altra parte, che dava sulla sala da pranzo e poi [sul] balcone che dava sulla parte interna, dall’altra parte, era il salone arabo con il mosaico. Queste cose le portavano da Damasco, era una lavorazione tipica di Damasco, con il nacre [la madreperla]. Ho ancora un salotto di mio padre e mia madre a casa mia adesso.
Il padre di Shelly è molto impegnato nel suo lavoro di giornalista e occupa un ruolo di rilievo, essendo tra i fondatori, alla fine degli anni Venti, di Le Commerce du Levant, una rivista economica ancora oggi attiva in Libano. Come redattore di spicco, mantiene numerosi contatti con ambienti politici e diplomatici, sia locali che internazionali. Nei ricordi di Shelly, anche i rapporti con la popolazione cristiana e musulmana libanese sono sereni, ma le occasioni di frequentazione sociale rimangono limitate.
Shelly Mizrahi studia alle scuole dell’Alliance Israélite a Beirut, dove riceve un’educazione solida e improntata alla cultura francese, apprendendo anche arabo ed ebraico. Con la nascita dello Stato di Israele, i rapporti tra la minoranza ebraica e la popolazione locale iniziano a deteriorarsi, spingendo la famiglia a trasferirsi temporaneamente a Parigi in attesa di prendere una decisione sul futuro. Nella capitale francese vivono nel 16° arrondissement e Shelly frequenta per due anni il Lycée Jean de La Fontaine ad Auteuil.
Dopo questo periodo, Shelly ritorna a Beirut con la madre e prosegue gli studi per un anno al Collège Protestant. I fratelli, invece, restano a Parigi per continuare la loro formazione, mentre il padre si reca negli Stati Uniti alla ricerca di nuove opportunità professionali, ma il suo ruolo al Le Commerce du Levant lo riporta presto in Libano.
Attraverso la formazione scolastica, Shelly sviluppa un forte legame con la cultura francese, ma anche quello con la cultura araba è altrettanto significativo. La lingua araba, la cucina e la musica rimangono elementi centrali della sua vita quotidiana, che alimentano il senso di appartenenza alle sue origini.

molta musica araba, anche egiziana e libanese
Trascrizione
Intervistatrice: Che musica ascoltavate?
Rachel (Shelly) Mizrahi: Molta musica araba, anche egiziana e libanese. C’è un repertorio libanese molto bello, di grandi cantanti libanesi, ma dicono che l’acqua del Nilo fa qualcosa di particolare alla voce perchè le più belle voci del Medio Oriente vengono dall’Egitto. L’acqua del Nilo favorisce questo circuito che viene forse dall’anima.
Intervistatrice: Non ascoltavate anche canzoni francesi?
Rachel (Shelly) Mizrahi: Molto, americane anche. Della mia epoca, chi erano? Maurice Chevalier? No, [lui] era prima della mia epoca. Jacqueline François…questa.
Intervistatrice: Avevate un giradischi?
Rachel (Shelly) Mizrahi: Sì e due radio. Le radio erano alte così, non so se si ricorda.
Intervistatrice: Erano dei mobili.
Insieme alla moglie Marie, Toufic Mizrahi frequenta Il nostro Club, un punto di ritrovo per la comunità ebraica di Beirut. Shelly e i suoi fratelli, invece, partecipano attivamente ai movimenti scout, prendendo parte a numerosi campeggi. La famiglia Mizrahi è solita fare anche delle gite fuori porta nei pressi di Beirut e trascorre le vacanze estive nella zona collinare di Aley. In famiglia, il senso di appartenenza all’ebraismo è profondo, ma si manifesta più attraverso il rispetto delle tradizioni che mediante una pratica religiosa assidua, limitata per lo più alle festività.
Nella prima metà degli anni Cinquanta, Shelly ritorna a Parigi con la sua famiglia e frequenta una scuola femminile di perfezionamento nel quartiere del Panthéon. Dopo un periodo in Francia, torna di nuovo a Beirut, dove nel 1957 sposa Azral (Ezry) Diwan, originario di Aleppo e emigrato a Milano nel 1946 per lavoro, seguendo l’esempio dello zio. Il matrimonio viene celebrato nella Sinagoga Maghen Avraham, nel quartiere di Wadi Abu Jamil. L’evento trova spazio anche su alcuni giornali, poiché al ricevimento all’Hotel Saint Georges partecipano ministri e deputati del governo libanese e rappresentanti della stampa. Per Shelly, il matrimonio rappresenta anche un’opportunità per lasciare il Libano e costruire una nuova vita altrove. Dopo le nozze, si trasferisce con il marito in Italia, dove nascono i loro tre figli.
A Milano, Shelly conduce una vita intensa, divisa tra la famiglia, gli interessi culturali e l’impegno nella comunità. Frequenta l’associazione ADEI e lo storico Tempio sefardita-orientale di via Guastalla, inaugurato nel 1954 per offrire alla crescente componente sefardita della comunità ebraica milanese la possibilità di celebrare secondo il proprio rito. Felice della sua vita in Italia, mantiene una solida cultura francese, senza mai perdere il legame con le sue origini ebraiche e arabe.








